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mercoledì 22 ottobre 2014

MAZARA, LETTERA AL CANE NICOLA

Egregio Cane Nicola,

mi scuso innanzi tutto per il disturbo e per il tempo rubatole che impiegherà nella lettura di questa mia missiva. Ci tengo prima di ogni altra cosa a spiegarle il perché di questa mia sollecitazione. Ho scorto e poi approfondito mirabili storie sul suo conto.
Attraverso Internet ho potuto sapere di lei che è: <<il cane a cui manca solo la parola>> (cit. Tele8); <<Accoglie scodinzolando le impiegate che la mattina arrivano nell`ex Collegio dei Gesuiti>> (cit. Ansa); e mi fa un po sorridere che qualcuno scriva con tono polemico ed ironico contro la sua onorabilità <<E lì si assopisce ascoltando le riunioni che vi si svolgono.>> (cit. La Sicilia), come se lei fosse accostabile ad un qualsiasi fannullone che orbita o lavora nel pubblico impiego. Essendomi appassionato al suo stile così presente ed al contempo discreto ed educato, conscio delle sue entrature e conoscenze presso il comune di Mazara del Vallo, voglio esporle talune questioni, nella speranza, sicuramente ben riposta, di porre sollievo alle difficoltà che incontra la nostra cittadinanza.
•     Sento il dovere di parlarle innanzitutto del “porto canale”. Da anni, Caro Cane, se ne parla e tutti, anche recentemente si sono impegnati nel dragare quantomeno la parte più vicina alla foce, per far si che questo tratto del fiume Mazaro acquisti dignità e vitalità. I vantaggi sarebbero una manna dal cielo per larghe fasce della popolazione. Se ne avvantaggerebbero i piccoli pescatori, addirittura incentivati; se ne avvantaggerebbero anche gli operatori turistici con l`insorgenza delle attività connesse all`Ittiturismo ed alla piccola nautica. Insomma tutta la città, che una volta aveva un fiore all`occhiello nella marineria, potrebbe quantomeno tornare a sperare. Si attivi, caro Cane, affinché chi siede nei posti di potere e responsabilità mantenga le promesse fatte.
Ivano Asaro
•     Cane Nicola, non potrei non parlare della viabilità. Certo sarebbe facile fare propaganda sulle buche, sulle strade piene di case non abusive che non hanno illuminazione ne asfalto e sono soggette ad enormi disagi già alle prime piogge. Come immagina però, prima ci sono altri nodi irrisolti. A Mazara si sono fatte pedonalizzazioni, solo laddove la gente poteva parlarne, discuterne, ed invece si permette di transitare nel centro storico con le auto, a sfregio di quelle poche persone, non mazaresi, che ne attraversano le viuzze, spesso sporche e con i sacchetti di spazzatura agli angoli. Quelle vie, a parte la derisione, meriterebbero ben altro destino guardando alla loro storia, ma sono degradate e piene zeppe di ceramiche che poco o nulla centrano con la loro genesi. Caro Cane, vede già in poche parole abbiamo sollevato decine di domande che mi rifaccio spesso, ad esempio: dov`era la sovraintendenza e la sua rigidità quando si facevano certi interventi? Domanda che si sono fatti pure tanti cittadini onesti che nelle vie del centro devono obbligatoriamente attenersi a certi stili e parametri se non hanno santi in paradiso.
Ivano Asaro
•     Rispettabile Cane Nicola, la invito ancora ad attenzionare il problema dei passaggi a livello. Sa, negli anni si sono fatte tante promesse, ma fino ad adesso sono tutte cadute nel vuoto, abbandonate nel sonno degli sciocchi che avevano creduto. Intanto ancora oggi, caro Cane, la gente rimane minuti e minuti dietro il passaggio a livello, spesso con a fianco un`ambulanza che sta soccorrendo un ferito. Si adoperi, la prego, per fare pressione.
•     E` indubbio che non posso dimenticare il problema della puzza. Gli odori nella nostra città sono un argomento delicato. Da anni c`è puzza di “vinaccia che non è vinaccia” ma ne Usl, ne forze dell`ordine, ne politica se ne accorgono. Avranno tutti il naso turato? Lei in qualità di Cane avrà un olfatto molto più fine del mio ed immagino il disagio nel convivere con questo olezzo, non so quanto legale. Ultimamente ci si mette anche il depuratore a fare le bizze. La gente mormora che non tutti i procedimenti e collaudo siano stati adempiuti per fare un`inaugurazione veloce. Questo non lo so e non credo, Caro Cane, perché sarebbe significato prendere in giro la gente, e politici di vecchia data non si presterebbero mai a questi giochi subdoli. O no?
•     Si impegni per favore in questa ulteriore battaglia. Poi se c`è tempo butti pure un occhio sulla questione rifiuti, sulla questione ospedale, sulla questione dei pubblici impiegati fannulloni, delle tasse alte, della microcriminalità, della chiatta ( o quanto meno spieghi alla città a cosa serve), della scomparsa del mercato del pesce legale nei pressi dello scalo, del verde pubblico.
Ivano Asaro
Si occupi di tutto questo per favore, eccellentissimo Cane, e ci dica per favore una volta e per tutte se la spiaggia in città esiste oppure no, perché sui palchi si dice che esiste, ma poi ci sono i cartelli che vietano la balneazione, con le giovane coppie che vogliono farsi romanticamente le foto sulla battigia e vengono invitate ad uscire dalla polizia municipale. Magari lei può anche attivare i giusti trasporti pubblici all`interno della città, sa solo il trenino non basta, e proprio con il suo metodo può impegnarsi nel collegamento centro città - aeroporto di Birgi, in maniera funzionale, come tutte le città che investono sul turismo.
La prego si impegni Caro Cane, noi cittadini ne abbiamo bisogno, quanto meno come speranza.
Sono sicuro del suo impegno nella risoluzione del problema, anche perché lei può alzare la cornetta: visto e considerato il suo profilo e la sua carriera devono ascoltarla a Palermo, Roma e Bruxelles. La saluto porgendole preventivamente i miei ringraziamenti e dei miei concittadini.
Ps. Chiedo ancora una cortesia. Può chiedere ai suoi amici cani di non essere aggressivi, almeno con i bambini sotto i 14 anni, specialmente quelli che vorrebbero andare in bici e giocare, sa possono spaventarsi e cadere, oppure morsi se i modi diventano bruschi.


Ivano Asaro








Ivano Asaro

MAZARA, LETTERA AL CANE NICOLA

Egregio Cane Nicola,

mi scuso innanzi tutto per il disturbo e per il tempo rubatole che impiegherà nella lettura di questa mia missiva. Ci tengo prima di ogni altra cosa a spiegarle il perché di questa mia sollecitazione. Ho scorto e poi approfondito mirabili storie sul suo conto.
Attraverso Internet ho potuto sapere di lei che è: <<il cane a cui manca solo la parola>> (cit. Tele8); <<Accoglie scodinzolando le impiegate che la mattina arrivano nell`ex Collegio dei Gesuiti>> (cit. Ansa); e mi fa un po sorridere che qualcuno scriva con tono polemico ed ironico contro la sua onorabilità <<E lì si assopisce ascoltando le riunioni che vi si svolgono.>> (cit. La Sicilia), come se lei fosse accostabile ad un qualsiasi fannullone che orbita o lavora nel pubblico impiego. Essendomi appassionato al suo stile così presente ed al contempo discreto ed educato, conscio delle sue entrature e conoscenze presso il comune di Mazara del Vallo, voglio esporle talune questioni, nella speranza, sicuramente ben riposta, di porre sollievo alle difficoltà che incontra la nostra cittadinanza.
•     Sento il dovere di parlarle innanzitutto del “porto canale”. Da anni, Caro Cane, se ne parla e tutti, anche recentemente si sono impegnati nel dragare quantomeno la parte più vicina alla foce, per far si che questo tratto del fiume Mazaro acquisti dignità e vitalità. I vantaggi sarebbero una manna dal cielo per larghe fasce della popolazione. Se ne avvantaggerebbero i piccoli pescatori, addirittura incentivati; se ne avvantaggerebbero anche gli operatori turistici con l`insorgenza delle attività connesse all`Ittiturismo ed alla piccola nautica. Insomma tutta la città, che una volta aveva un fiore all`occhiello nella marineria, potrebbe quantomeno tornare a sperare. Si attivi, caro Cane, affinché chi siede nei posti di potere e responsabilità mantenga le promesse fatte.
Ivano Asaro
•     Cane Nicola, non potrei non parlare della viabilità. Certo sarebbe facile fare propaganda sulle buche, sulle strade piene di case non abusive che non hanno illuminazione ne asfalto e sono soggette ad enormi disagi già alle prime piogge. Come immagina però, prima ci sono altri nodi irrisolti. A Mazara si sono fatte pedonalizzazioni, solo laddove la gente poteva parlarne, discuterne, ed invece si permette di transitare nel centro storico con le auto, a sfregio di quelle poche persone, non mazaresi, che ne attraversano le viuzze, spesso sporche e con i sacchetti di spazzatura agli angoli. Quelle vie, a parte la derisione, meriterebbero ben altro destino guardando alla loro storia, ma sono degradate e piene zeppe di ceramiche che poco o nulla centrano con la loro genesi. Caro Cane, vede già in poche parole abbiamo sollevato decine di domande che mi rifaccio spesso, ad esempio: dov`era la sovraintendenza e la sua rigidità quando si facevano certi interventi? Domanda che si sono fatti pure tanti cittadini onesti che nelle vie del centro devono obbligatoriamente attenersi a certi stili e parametri se non hanno santi in paradiso.
Ivano Asaro
•     Rispettabile Cane Nicola, la invito ancora ad attenzionare il problema dei passaggi a livello. Sa, negli anni si sono fatte tante promesse, ma fino ad adesso sono tutte cadute nel vuoto, abbandonate nel sonno degli sciocchi che avevano creduto. Intanto ancora oggi, caro Cane, la gente rimane minuti e minuti dietro il passaggio a livello, spesso con a fianco un`ambulanza che sta soccorrendo un ferito. Si adoperi, la prego, per fare pressione.
•     E` indubbio che non posso dimenticare il problema della puzza. Gli odori nella nostra città sono un argomento delicato. Da anni c`è puzza di “vinaccia che non è vinaccia” ma ne Usl, ne forze dell`ordine, ne politica se ne accorgono. Avranno tutti il naso turato? Lei in qualità di Cane avrà un olfatto molto più fine del mio ed immagino il disagio nel convivere con questo olezzo, non so quanto legale. Ultimamente ci si mette anche il depuratore a fare le bizze. La gente mormora che non tutti i procedimenti e collaudo siano stati adempiuti per fare un`inaugurazione veloce. Questo non lo so e non credo, Caro Cane, perché sarebbe significato prendere in giro la gente, e politici di vecchia data non si presterebbero mai a questi giochi subdoli. O no?
•     Si impegni per favore in questa ulteriore battaglia. Poi se c`è tempo butti pure un occhio sulla questione rifiuti, sulla questione ospedale, sulla questione dei pubblici impiegati fannulloni, delle tasse alte, della microcriminalità, della chiatta ( o quanto meno spieghi alla città a cosa serve), della scomparsa del mercato del pesce legale nei pressi dello scalo, del verde pubblico.
Ivano Asaro
Si occupi di tutto questo per favore, eccellentissimo Cane, e ci dica per favore una volta e per tutte se la spiaggia in città esiste oppure no, perché sui palchi si dice che esiste, ma poi ci sono i cartelli che vietano la balneazione, con le giovane coppie che vogliono farsi romanticamente le foto sulla battigia e vengono invitate ad uscire dalla polizia municipale. Magari lei può anche attivare i giusti trasporti pubblici all`interno della città, sa solo il trenino non basta, e proprio con il suo metodo può impegnarsi nel collegamento centro città - aeroporto di Birgi, in maniera funzionale, come tutte le città che investono sul turismo.
La prego si impegni Caro Cane, noi cittadini ne abbiamo bisogno, quanto meno come speranza.
Sono sicuro del suo impegno nella risoluzione del problema, anche perché lei può alzare la cornetta: visto e considerato il suo profilo e la sua carriera devono ascoltarla a Palermo, Roma e Bruxelles. La saluto porgendole preventivamente i miei ringraziamenti e dei miei concittadini.
Ps. Chiedo ancora una cortesia. Può chiedere ai suoi amici cani di non essere aggressivi, almeno con i bambini sotto i 14 anni, specialmente quelli che vorrebbero andare in bici e giocare, sa possono spaventarsi e cadere, oppure morsi se i modi diventano bruschi.


Ivano Asaro








Ivano Asaro

domenica 12 ottobre 2014

Uomo e destino siano coautori di una stessa storia

A volte, solo a volte, ci si può illudere di essere padroni di qualcosa, di esserne proprietari e non semplici manutentori, reggenti di un peso che inizia prima e finisce dopo i nostri confini temporali. Essere nel possesso, ed attenzione, nulla a che vedere con la proprietà privata di Marxiana memoria, di qualcosa, che sia essa un'emozione, un sogno, persino un ricordo, è qualcosa che ci passa dentro ed al momento opportuno, ovviamente secondo logiche a noi quasi sconosciute, scompare, salta, va da qualche altra parte. Non siamo padroni di ciò che abbiamo dentro, ne siamo depositari temporanei. Persino le idee, quelle che postuliamo dopo ore di analisi, o dopo minuti di dolore, ci appaiono nostre, parte delle nostre viscere, ma non siamo noi a crearle, a plasmarle. Le idee ci scelgono. Nessuno di noi è quello che è perché lo ha scelto, forse in minima parte si, ma per lo più siamo frutto di circostanze donateci da altri che a loro volta non saprebbero motivarvi sino in fondo la ragione delle loro scelte. L'unica cosa che, almeno provandoci, possiamo tentare, è accorgerci di questo, e beffardamente provare a metterci di traverso, o convincerci che le cose ci aggradano perché lo vuole la nostra psiche e non le nostre papille gustative. Io, in fondo, sono convinto che uomo e destino siano coautori di una stessa storia, perché se è vero che le idee ci scelgono, se i sentimenti ci riempono e ci svuotano a loro modo e piacere, è vero anche che idee, sentimenti, sensazioni, principi, tensioni morali, nulla sarebbero senza un corpo da muovere, una mente che scintilla ed un cuore che si agita.

Ivano Asaro
Ivano Asaro

domenica 5 ottobre 2014

Famiglia e preparazione. A chi serve il morbo dell'Economia?

E' strano raccontarsi, di quanto la vita possa essere complessa. Le difficoltà, si sa, ci rendono meno noiosi, forse meno banali. Le scelte mi hanno portato ad un momento di silenzio, e questo è il più grande altoparlante dei bisogni che si possa desiderare. Nel silenzio, quasi nell'assenza, si misura il complesso, difficile, spesso anche l'illogico. Il silenzio prolungato è un po come quel privilegio dato agli artisti-osservatori, di cui parlò magistralmente Verga: “Solo l'osservatore, travolto anch'esso dalla fiumana, guardandosi intorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall'onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvenenti, i vincitori d'oggi, affrettati anch'essi, avidi anch'essi d'arrivare, e che saranno sorpassati domani.” (cit.)


Il silenzio perpetuato mi ha prodotto quasi istintivamente talune analisi, che espongo, per gli stessi motivi per cui lo facevo prima del silenzio, e per lo stesso per cui continuerò a farlo in futuro: la voglia.
Si è parlato di vari temi politico - economici nell'estate triste appena trascorsa, e magari in futuro ne discuteremo. Tutti i temi, sempre gli stessi alla fine, sono riconducibili alla situazione di perenne crisi economica tracciata ormai nel solco della società odierna. Conscio come sono che la realtà materiale sia il più completo punto d'analisi, vi racconto di un aneddoto. Durante una lezione di Procedura Penale, materia non desueta come altre, il professore ha spiegato con novizia di particolari la struttura della Connessione. Sarò breve nell'esporvi il concetto, solo per non tediarvi con excursus giuridici. Nei fatti la connessione è uno degli “strumenti” (sarei già stato bocciato in sede d'esame per questo gergo per niente preciso ed appropriato) che serve per identificare il tribunale presso il quale un dato giudizio dovrà essere radicato e celebrato (ne esistono anche altri meno complessi). La connessione porta con se taluni paradossi, che si riverberano poi nella procedura penale, sotto disomogenei punti di vista. In taluni casi si potrebbe celebrare un processo a molti chilometri di distanza dal luogo dove il reato è stato commesso, solo perché vi sono circostanze (spesso altri reati) commessi in connessione a quello di cui stiamo parlandoIl tutto però non assicura una connessione certa in uno stesso processo. Per fare un esempio: <<Rubo un mezzo a Bologna, per fare una rapina a Cagliari: potrei essere processato a Cagliari, ma non necessariamente in uno stesso processo mi sarebbero imputati entrambi i reati ma semplicemente nello stesso Tribunale>>. Il senso di questo è macchinoso e nasce da esigenze pratiche e da legislatori moderni poco accorti. La spiegazione del professore era riuscita a farci entrare bene questo concetto in mente, talmente bene che subito l'Aula si era interrogata sugli svantaggi di questo arzigogolato iter. Gli svantaggi erano quasi palesi: ”tanto valeva fare il processo più vicino al luogo del reato se poi i giudizi dovevano comunque essere divisi”. In quel momento una ragazza, completamente in buona fede, chiede di potere prendere la parola ed esprime questdomanda: << professore, ma questo sistema non è dispendioso economicamente?>>. Domanda legittima, pertinente, interessante, che però mi ha lasciato abbastanza basito.

La questione, aveva messo al centro il costo, ovvero il denaro, dinnanzi alle questioni legate alla giustizia, che dovrebbero essere implicitamente esonerate da qualunque materializzazione. La ragazza, simbolo di buona parte dell'aula, aveva portato il tema della giustizia, ad un mero calcolo economico, patrimoniale. Le esigenze di un soggetto, che si presume innocente fino a condanna definitiva, passata in giudicato, che avrebbe dovuto sobbarcarsi le spese di trasferimento per esigere di assistere al proprio processo, ovvero per avere ragione di un suo diritto, erano scomparse. Magari erano state messe in gradini meno nobili della graduatoria dei valori civili.
Ora quella ragazza non immagina neppure che su una semplice e banale frase avrei trovato spunto per costruirvi il mio ragionamento, ma è l'esempio emblematico di un imbarbarimento complessivo che la nostra società si è lasciata tatuare sulla pelle inebetita da paure, di volta in volta ingigantite.

Un pensiero che diventa atteggiamento poiché protratto negli anni.
In questo sistema tutto diventa relativo, tranne dei segni sui fogli. Tutto diventa carta da parati di un mondo infame.

Quali risposte poniamo al presente che ci interroga continuamente? Quelle più concrete si sono incarnate in paradossi politici. Da un lato la destrutturazione stessa della politica: la quasi totale incompetenza ed incoscienza ; dall'altro l'avventurismo di un gruppo che sta salvando soltanto quella carta da parati di cui abbiamo sopra discusso.
E' facile capire che i primi siano i protagonisti del movimento 5 stelle. Il tonfo alle elezioni europee ha dimostrato che bisogna sapere fare politica non solo per ottenere risultati elettorali, ma che quello che non si è prodotto vale molto di più delle denunce fatte o del bottino misero di qualche rivalsa. I ragazzi del 5 stelle, hanno alcune perle di diamante, poche, ma non sarà di certo un caso, che, almeno a livello nazionale, svetti quel Luigi Di Maio che ha un'esperienza politica pregressa e che è l'unico con una carica continuativa in seno ai palazzi del potere. Dall'altra parte della barricata c'è Renzi. L'ex sindaco di Firenze aveva due scelte: essere il nuovo Craxi od essere il nuovo Kennedy. Credo che sia abbastanza palese la strada intrapresa. Sono stato avverso al Renzismo dapprincipio, e quindi sono per taluni non oggettivo. Avevo intravisto limiti di un progetto che solo gli stolti non avevano individuato. 


Quanto fatto e non fatto da Renzi fin qui è palese e doveva esserlo  almeno, i politici veri dovevano accorgersene prima, dal 2011 (http://ivanoasaro.blogspot.it/2011/11/renzi-il-vecchio-e-il-nuovo-di-sicuro.html), e lo è stato durante tutto il suo percorso prima di sedere a Palazzo Chigi (http://ivanoasaro.blogspot.it/2013/12/renzi-la-parolaccia.html). Renzi può piacere e non piacere, e che piaccia ad alcuni, per via delle proprie idee è comprensibile, d'altronde ognuno vede il mondo a proprio modo, e non vi è la giusta via sempre. Renzi è quella cosa li, quella cosa che ha i propri connotati e non può essere cambiato ne scambiato. L'attuale presidente del consiglio, per via della propria forza, della propria strada, aveva la possibilità di puntare molto più in alto, di imporre una nuova realtà, fuori dagli stereotipi di quella sinistra che lui aveva sdoganato, ma sempre partente dal basso. Renzi aveva la possibilità di puntare la rotta verso una società più giusta, una società che si rigenera e non si guardi nel listino della finanza. Sono fantasie? No, sono scelte. Una società più equilibrata e produttiva, una società più valente non parte dai criteri che qualcun altro per vent'anni ha provato a propinarci. Una società moderna deve avere cognizione della realtà.
Riconosco che sto facendo, e mi piace farlo, molta filosofia. Veniamo al dunque adesso. 


E' legittimo discutere se l'art. 18 vada o meno tolto, rimodulato, rafforzato. Va discusso, e se ne discute. Ma io vorrei partire da un altro dato. Com'era il mercato del lavoro quando le garanzie, per il lavoratore privato erano inferiori? Era certamente peggiore. La stagione delle conquiste aveva creato quella classe media che trainava l'Italia. E' stato l'ultimo quindicennio con il proliferare dei contratti che favorivano i datori di lavoro a “precarizzare” il mondo professionale. Quando si dice che si vogliono dare possibilità ai giovani, quando si usa la parola futuro, l'analisi deve essere attenta e precisa. I giovani, e ce lo insegnano proprio i paesi più sviluppati, non devono avere i diritti dei propri padri (chiamarli ancora privilegi è abominevole), devono avere i loro. La serenità di un giovane, la voglia di provarci, nasce dalla sicurezza di avere un porto sicuro alle spalle, di avere una famiglia che assicurerà un pasto ed un tetto, ed in sostituzione di essa ci deve essere lo Stato. Lo strumento che deve essere assicurato al giovane non deve essere un “vecchio avversario più precario”, ma una preparazione maggiore, oggi raggiunta soltanto per i sacrifici di quella famiglia che si vuole smontare.
Guardiamo spesso alla Germania, e non capisco cosa si guardi in realtà. L'evasione fiscale complessiva è ridicola; la percentuale di laureati tedeschi è imbarazzante per superiorità ed i soldi per la ricerca annuali sono superiori a quelli che noi mettiamo in un triennio, spicciolo più spicciolo meno; le grandi fabbriche dell'auto pagano le tasse in Germania e gente come Marchionne è stata messa alla porta prima ancora di sedersi; l'articolo 18 c'è e ci sono leggi sui sindacati, consigli di fabbrica, collaborazione lavoratori - datori. Invece come al solito si sta indicando la catastrofe per cambiare in peggio talune cose; come al solito si sta partendo dal peggioramento del basso per poi, molto eventualmente, lavorare ai piani alti. Renzi poteva fare altro. Poteva lavorare sui distretti produttivi ad alta specializzazione; sulle zone free tax e franche urbane stagionali e per le zone disagiate; sull'accorpamento di tutti gli atenei Italiani in 5/6 grandi aree di studio; sull'innalzamento dell'età pensionabile per i lavoratori meglio retribuiti a scarsa usura di talune categorie; poteva dimezzare in pochi passaggi il costo della politica nazionale dimezzando i seggi, piuttosto che rovinare la “Costituzione più bella del mondo”; Renzi poteva lavorare sulla spartizione del debito pubblico italiano come percentuale minima dello stipendio di tutti i lavoratori pubblici; poteva lavorare per una legge sui partiti, non per privatizzarli economicamente come succede nelle peggiori democrazie del Mondo. Renzi poteva essere un nuovo Kennedy, poteva esserlo, ed invece ha scelto di essere altro.





Ivano Asaro



Ivano Asaro

Famiglia e preparazione. A chi serve il morbo dell'Economia?

E' strano raccontarsi, di quanto la vita possa essere complessa. Le difficoltà, si sa, ci rendono meno noiosi, forse meno banali. Le scelte mi hanno portato ad un momento di silenzio, e questo è il più grande altoparlante dei bisogni che si possa desiderare. Nel silenzio, quasi nell'assenza, si misura il complesso, difficile, spesso anche l'illogico. Il silenzio prolungato è un po come quel privilegio dato agli artisti-osservatori, di cui parlò magistralmente Verga: “Solo l'osservatore, travolto anch'esso dalla fiumana, guardandosi intorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall'onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvenenti, i vincitori d'oggi, affrettati anch'essi, avidi anch'essi d'arrivare, e che saranno sorpassati domani.” (cit.)

 
Il silenzio perpetuato mi ha prodotto quasi istintivamente talune analisi, che espongo, per gli stessi motivi per cui lo facevo prima del silenzio, e per lo stesso per cui continuerò a farlo in futuro: la voglia.
Si è parlato di vari temi politico - economici nell'estate triste appena trascorsa, e magari in futuro ne discuteremo. Tutti i temi, sempre gli stessi alla fine, sono riconducibili alla situazione di perenne crisi economica tracciata ormai nel solco della società odierna. Conscio come sono che la realtà materiale sia il più completo punto d'analisi, vi racconto di un aneddoto. Durante una lezione di Procedura Penale, materia non desueta come altre, il professore ha spiegato con novizia di particolari la struttura della Connessione. Sarò breve nell'esporvi il concetto, solo per non tediarvi con excursus giuridici. Nei fatti la connessione è uno degli “strumenti” (sarei già stato bocciato in sede d'esame per questo gergo per niente preciso ed appropriato) che serve per identificare il tribunale presso il quale un dato giudizio dovrà essere radicato e celebrato (ne esistono anche altri meno complessi). La connessione porta con se taluni paradossi, che si riverberano poi nella procedura penale, sotto disomogenei punti di vista. In taluni casi si potrebbe celebrare un processo a molti chilometri di distanza dal luogo dove il reato è stato commesso, solo perché vi sono circostanze (spesso altri reati) commessi in connessione a quello di cui stiamo parlando. Il tutto però non assicura una connessione certa in uno stesso processo. Per fare un esempio: <<Rubo un mezzo a Bologna, per fare una rapina a Cagliari: potrei essere processato a Cagliari, ma non necessariamente in uno stesso processo mi sarebbero imputati entrambi i reati ma semplicemente nello stesso Tribunale>>. Il senso di questo è macchinoso e nasce da esigenze pratiche e da legislatori moderni poco accorti. La spiegazione del professore era riuscita a farci entrare bene questo concetto in mente, talmente bene che subito l'Aula si era interrogata sugli svantaggi di questo arzigogolato iter. Gli svantaggi erano quasi palesi: ”tanto valeva fare il processo più vicino al luogo del reato se poi i giudizi dovevano comunque essere divisi”. In quel momento una ragazza, completamente in buona fede, chiede di potere prendere la parola ed esprime questdomanda: << professore, ma questo sistema non è dispendioso economicamente?>>. Domanda legittima, pertinente, interessante, che però mi ha lasciato abbastanza basito.

La questione, aveva messo al centro il costo, ovvero il denaro, dinnanzi alle questioni legate alla giustizia, che dovrebbero essere implicitamente esonerate da qualunque materializzazione. La ragazza, simbolo di buona parte dell'aula, aveva portato il tema della giustizia, ad un mero calcolo economico, patrimoniale. Le esigenze di un soggetto, che si presume innocente fino a condanna definitiva, passata in giudicato, che avrebbe dovuto sobbarcarsi le spese di trasferimento per esigere di assistere al proprio processo, ovvero per avere ragione di un suo diritto, erano scomparse. Magari erano state messe in gradini meno nobili della graduatoria dei valori civili.
Ora quella ragazza non immagina neppure che su una semplice e banale frase avrei trovato spunto per costruirvi il mio ragionamento, ma è l'esempio emblematico di un imbarbarimento complessivo che la nostra società si è lasciata tatuare sulla pelle inebetita da paure, di volta in volta ingigantite.

Un pensiero che diventa atteggiamento poiché protratto negli anni.
In questo sistema tutto diventa relativo, tranne dei segni sui fogli. Tutto diventa carta da parati di un mondo infame.

Quali risposte poniamo al presente che ci interroga continuamente? Quelle più concrete si sono incarnate in paradossi politici. Da un lato la destrutturazione stessa della politica: la quasi totale incompetenza ed incoscienza ; dall'altro l'avventurismo di un gruppo che sta salvando soltanto quella carta da parati di cui abbiamo sopra discusso.
E' facile capire che i primi siano i protagonisti del movimento 5 stelle. Il tonfo alle elezioni europee ha dimostrato che bisogna sapere fare politica non solo per ottenere risultati elettorali, ma che quello che non si è prodotto vale molto di più delle denunce fatte o del bottino misero di qualche rivalsa. I ragazzi del 5 stelle, hanno alcune perle di diamante, poche, ma non sarà di certo un caso, che, almeno a livello nazionale, svetti quel Luigi Di Maio che ha un'esperienza politica pregressa e che è l'unico con una carica continuativa in seno ai palazzi del potere. Dall'altra parte della barricata c'è Renzi. L'ex sindaco di Firenze aveva due scelte: essere il nuovo Craxi od essere il nuovo Kennedy. Credo che sia abbastanza palese la strada intrapresa. Sono stato avverso al Renzismo dapprincipio, e quindi sono per taluni non oggettivo. Avevo intravisto limiti di un progetto che solo gli stolti non avevano individuato. 


Quanto fatto e non fatto da Renzi fin qui è palese e doveva esserlo  almeno, i politici veri dovevano accorgersene prima, dal 2011 (http://ivanoasaro.blogspot.it/2011/11/renzi-il-vecchio-e-il-nuovo-di-sicuro.html), e lo è stato durante tutto il suo percorso prima di sedere a Palazzo Chigi (http://ivanoasaro.blogspot.it/2013/12/renzi-la-parolaccia.html). Renzi può piacere e non piacere, e che piaccia ad alcuni, per via delle proprie idee è comprensibile, d'altronde ognuno vede il mondo a proprio modo, e non vi è la giusta via sempre. Renzi è quella cosa li, quella cosa che ha i propri connotati e non può essere cambiato ne scambiato. L'attuale presidente del consiglio, per via della propria forza, della propria strada, aveva la possibilità di puntare molto più in alto, di imporre una nuova realtà, fuori dagli stereotipi di quella sinistra che lui aveva sdoganato, ma sempre partente dal basso. Renzi aveva la possibilità di puntare la rotta verso una società più giusta, una società che si rigenera e non si guardi nel listino della finanza. Sono fantasie? No, sono scelte. Una società più equilibrata e produttiva, una società più valente non parte dai criteri che qualcun altro per vent'anni ha provato a propinarci. Una società moderna deve avere cognizione della realtà.
Riconosco che sto facendo, e mi piace farlo, molta filosofia. Veniamo al dunque adesso. 


E' legittimo discutere se l'art. 18 vada o meno tolto, rimodulato, rafforzato. Va discusso, e se ne discute. Ma io vorrei partire da un altro dato. Com'era il mercato del lavoro quando le garanzie, per il lavoratore privato erano inferiori? Era certamente peggiore. La stagione delle conquiste aveva creato quella classe media che trainava l'Italia. E' stato l'ultimo quindicennio con il proliferare dei contratti che favorivano i datori di lavoro a “precarizzare” il mondo professionale. Quando si dice che si vogliono dare possibilità ai giovani, quando si usa la parola futuro, l'analisi deve essere attenta e precisa. I giovani, e ce lo insegnano proprio i paesi più sviluppati, non devono avere i diritti dei propri padri (chiamarli ancora privilegi è abominevole), devono avere i loro. La serenità di un giovane, la voglia di provarci, nasce dalla sicurezza di avere un porto sicuro alle spalle, di avere una famiglia che assicurerà un pasto ed un tetto, ed in sostituzione di essa ci deve essere lo Stato. Lo strumento che deve essere assicurato al giovane non deve essere un “vecchio avversario più precario”, ma una preparazione maggiore, oggi raggiunta soltanto per i sacrifici di quella famiglia che si vuole smontare.
Guardiamo spesso alla Germania, e non capisco cosa si guardi in realtà. L'evasione fiscale complessiva è ridicola; la percentuale di laureati tedeschi è imbarazzante per superiorità ed i soldi per la ricerca annuali sono superiori a quelli che noi mettiamo in un triennio, spicciolo più spicciolo meno; le grandi fabbriche dell'auto pagano le tasse in Germania e gente come Marchionne è stata messa alla porta prima ancora di sedersi; l'articolo 18 c'è e ci sono leggi sui sindacati, consigli di fabbrica, collaborazione lavoratori - datori. Invece come al solito si sta indicando la catastrofe per cambiare in peggio talune cose; come al solito si sta partendo dal peggioramento del basso per poi, molto eventualmente, lavorare ai piani alti. Renzi poteva fare altro. Poteva lavorare sui distretti produttivi ad alta specializzazione; sulle zone free tax e franche urbane stagionali e per le zone disagiate; sull'accorpamento di tutti gli atenei Italiani in 5/6 grandi aree di studio; sull'innalzamento dell'età pensionabile per i lavoratori meglio retribuiti a scarsa usura di talune categorie; poteva dimezzare in pochi passaggi il costo della politica nazionale dimezzando i seggi, piuttosto che rovinare la “Costituzione più bella del mondo”; Renzi poteva lavorare sulla spartizione del debito pubblico italiano come percentuale minima dello stipendio di tutti i lavoratori pubblici; poteva lavorare per una legge sui partiti, non per privatizzarli economicamente come succede nelle peggiori democrazie del Mondo. Renzi poteva essere un nuovo Kennedy, poteva esserlo, ed invece ha scelto di essere altro.




Ivano Asaro

Ivano Asaro